Ho incontrato Luis Sepúlveda al Salone del Libro di Torino, è stato come incontrare un latino americano medio, semplice, pacato e stanco, dopo una lunga giornata di autografi. Mi è piaciuto lui, e mi ha meravigliato quante poche persone fossero lì ad ascoltarlo, davvero una gabbianella e quattro gatti considerando che è uno scrittore così talentuoso ed apprezzato. In compenso ci ha permesso di volare fino in Cile, in Argentina e in Brasile, narrando i retroscena dei suoi racconti, che, lui stesso chiarisce, nati da vicende reali e reportage giornalistici.
Dal suo ultimo libro pubblicato in Italia (il prossimo è in uscita a novembre 2011), un avvincente pezzo di vita intrecciato alla storia: Luis ci racconta di un reportage del Lateinamerika Nachrichten del maggio 1991¹, che parla di due foto, di un gruppo di bambini, puri e spensierati come lo sono tutti i bimbi, e della decisione di rincontrarli per scattare la stessa identica foto dopo 8 anni, per vedere il cambiamento nei loro volti, per capire se la dittatura, che ha colpito duramente il quartiere di La Victoria in cui hanno abitato, e il tempo abbiano trasformato quelle persone. L'assenza è dovuta al vuoto lasciato da due bimbi, ormai ragazzi, che sono stati uccisi dall'esercito di Pinochet.
Le vicende di questo reportage si intrecciano con il ritorno a casa dopo l'esilio: Luis racconta di come aveva immaginato questo giorno. Sarebbe prima andato in un bar a far colazione, poi al mercato, lì avrebbe comprato i frutti di mare più grossi e buoni del mondo², e infine sarebbe tornato a casa, e li avrebbe fatto cucinare da sua mamma. Aveva deciso che il termine del suo esilio sarebbe stato nel momento in cui al campanello avrebbe annunciato a sua madre di essere tornato, ma la realtà è stata più dolce e romantica; all'ennesimo tentativo si affacciò un vicino per avvisarlo che la luce non sarebbe tornata da lì a due ore e Luis dovette urlare: "MAMMAAAA!" come un adolescente, un inaspettato ritorno alla gioventù, come liberarsi di tanti anni da esule in un istante.
¹ Ho scritto al LA Nachrichten per indagare sul numero 203 e sulla veridicità del racconto, vi aggiornerò appena mi rispondono.
² Un ricordo accomuna tutti quelli che sono lontani da casa: il cibo. Stranamente, pur povero, il cibo di casa e, meglio ancora, dell'infanzia è nella mente il cibo più buono mai mangiato.
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